venerdì 4 settembre 2015

La Venerabile Armida Barelli, “una donna che occupa un posto eccezionale nella storia religiosa del nostro secolo”



Con una frase si può stroncare la vita di un uomo, ma se ne può anche spiegare la vita. La frase è questa: “ Stillstand bedeutet Ruckscritt: fermarsi nella vita spirituale significa tornare indietro”. La frase è tedesca e la donna invece è italiana, è milanese: Armida Barelli (1) , una donna fra le più forti che l’Italia ebbe nella prima metà del nostro secolo. Bella fisicamente, vivace di spirito, intelligente, colta: sarebbe diventata un’ottima madre di famiglia. Aveva del resto l’esempio della sua famiglia: laboriosa, ottimista, serena, leale, retta, e poi aveva ricevuto un’eccellente formazione cristiana dalle suore della Santa Croce di Menzingen nella Svizzera. Da quelle suore aveva imparato questo proverbio: “Chi si ferma nella vita spirituale torna indietro”. Ed essa in cuor suo decise di andare sempre avanti. Ed ecco che nella preghiera, umilmente obbedendo a chi la dirige nello spirito, scopre qual è la sua vera vocazione personale. La sua segreta consacrazione a Dio nel fiore della giovinezza scaturì dalla volontà precisa di progredire fino alla perfezione con l’aiuto di quella grazia che non manca alle anime di buona volontà. Dunque: non madre di famiglia, sia pure di numerosa famiglia (apparteneva ad una famiglia di sei figliuoli, ma essa ne avrebbe desiderato anche dodici, come diceva alle compagne) e neppure suora col velo, ma laica nel mondo, nell’ambiente sociale in cui la Provvidenza l’aveva posta, consacrandosi totalmente a Dio per quell’apostolato che il Signore via via le avrebbe aperto; e questo apostolato è stato immenso, gigantesco.
Le opere

È nota a tutti, in Italia, la Gioventù Femminile di Azione Cattolica . Ebbene, per volontà di Benedetto XV la Barelli è stata l’audace iniziatrice, la sapiente organizzatrice e, direi, l’affettuosa guida (essa voleva farsi chiamare soltanto la sorella maggiore ) di questa organizzazione così vasta, che oggi comprende 1.200.000 iscritte: bambine, adolescenti, giovani donne, che senza distinzione di classi sociali, nel rispetto di quella che è la più squisita femminilità, contro tutte le esagerazioni del femminismo, nell’amore della patria, dei valori più alti, riceve una formazione religiosa seria, profonda, che tenga conto del campo naturale e del campo soprannaturale in cui vive il cristiano, e che si prepara così ad essere domani la sposa e la madre di famiglia cristiana, per lievitare così di bene la società. Ed è immenso il bene che è venuto, che viene e che verrà da questo silenzioso esercito giovanile. Tutti conoscono l’ Università Cattolica del Sacro Cuore . Oh certo, questa è nata grazie alle energie riunite di un Ludovico Necchi, di un padre Gemelli e di un mons. Olgiati: ho fatto così tre nomi che sono tra i più cari al nostro cuore di cattolici; questi sono stati, direi, la mente e il cuore dell’Ateneo, ma la Barelli ne è stata il fuoco, la fiamma, l’apostola instancabile, geniale, generosissima. Basterebbe pensare a quella che è la “Giornata Universitaria” che essa ottenne da Pio XI, nella quale tutti i cattolici fanno una generosa offerta per il loro Ateneo.
E quando, nel 1943, sotto i terribili bombardamenti anche la “Cattolica” fu schiantata, tra le macerie fumanti accorse inpianto, con altri, Armida Barelli, ma subito disse: “Domani ricominceremo da capo e la faremo più bella”. E quando negli ultimi mesi della sua vita, ormai impedita da un male inesorabile a muoversi e a parlare, in una adunanza della Giunta amministrativa si pensò di chiedere al Signore che venisse finalmente l’attesissima Facoltà di Medicina e si disse: “Faremo la Facoltà di Medicina se il Signore ridarà la voce alla signorina Barelli”, essa prese la sua matita e scrisse sul suo block-notes : “Rinuncio alla voce ma voglio la Facoltà di Medicina”. Tutti conoscono l’Università Cattolica, ma forse non tutti conoscono l’ Opera della Regalità di nostro Signore Gesù Cristo , di cui la Barelli fu l’anima e l’animatrice per tanti anni, opera che ha lo scopo di portare non solo alle classi alte ma anche alle classi umili, a tutti gli uomini di buona volontà, la conoscenza della liturgia, della vita religiosa: di qui pubblicazioni, periodici, riunioni, Case di Esercizi Spirituali (le famose “Oasi” disseminate un po’ qua un po’ là, in Italia), che hanno riportato alla conoscenza della vita liturgica migliaia e anche milioni di persone, soprattutto alla conoscenza della santa Messa. Pochi, poi, conoscono quella grande famiglia spirituale della quale essa è stata maestra e madre: quella delle Missionarie della Regalità , cioè quelle anime che soltanto Iddio conosce (perché hanno una consacrazione segreta), numerosissime in Italia e ormai anche in molte nazioni del mondo, che vivono nel mondo e portano al mondo il frutto di questa consacrazione in opere innumerevoli di bene, di bontà in tutti i campi dell’attività nei quali si può muovere oggi una donna, per lievitarli, per diffondere il regno di Cristo. Il segreto della sua attività Se uno legge le biografie che sono state scritte sulla Barelli, rimane colpito da un fatto sbalorditivo: come ha fatto questa creatura a svolgere un’attività così intensa? Viaggi, conferenze, riunioni, scritti, colloqui, convegni! E ha saputo non soltanto operare (e tanto!) ma far lavorare; anche questo è un grande segreto che pochissimi hanno: saper suscitare delle energie in altri, sì che la seguano, la imitino, qualche volta anche la sorpassino! Certo, si deve dire che la Barelli ha avuto delle doti naturali eccezionali. Anzitutto il senso del tempo, tutto saturo di attività, di preghiera, di bene; e poi capacità organizzativa eccezionale, capacità nel campo della finanza, costanza nelle imprese che assumeva fino a portarle all’ultimo sviluppo e senza scoraggiarsi mai, anzi cercando e riuscendo a cambiare in bene anche gli ostacoli che inevitabilmente si incontrano, su questa povera terra, ad ogni opera di bene. Soprattutto una fede d’acciaio ha avuto Armida Barelli ! Fede che non è sentimento, emozione dell’anima, no; la fede è un atto di volontà che, sotto la mozione della grazia, dice a Cristo: “Mio Dio e mio tutto”. Perché questa èla fede cristiana, è prevalentemente adesione al Cristo. Scrivendo alle sue sorelle spirituali essa diceva così: “Breve è tanto la vita, sorelline mie, spendetela bene, spendetela per Colui che solo ne è degno”. E allora si spiega perché l’Università Cattolica di Milano porti il nome del Sacro Cuore.Ma come ha potuto riempire di ore di preghiera la sua giornata già così densa di attività? Ebbene, direi che essa riassumeva tutto il suo anelito di colloquio interiore con Dio in quella sua giaculatoria che essa chiamava “il talismano della sua felicità” e consigliava a tutti come tale:“Sacro Cuore di Gesù, io mi affido a te, io confido in te, io mi fido di te”. La sorgente della fede Donde ha attinto Armida Barelli questa fede così adamantina in Gesù? Certo dalla gran devozione alla Madre di Gesù che essa invocava col titolo di “Immacolata”. E poi dalla sua spiritualità francescana. Non dimentichiamo che fu una Terziaria francescana, un modello di Terziaria francescana del nostro ’900. Perché, è bene saperlo, il francescanesimo non è soltanto distacco assoluto da tuttii beni materiali e spirituali, non è soltanto umiltà abissale che ci fa considerare nulla anche i posti di comando che Armida Barelli raggiunse, ma è concretezza, realismo, è semplificazione della vita. San Francesco è stato il grande semplificatore della vita spirituale: basta guardare a Gesù, basta amare in Lui, ma veramente, non a parole, tutti gli uomini. È realizzare quel grido di san Bonaventura che la Barelli conosceva bene (perché aveva approfondito anche lo studio di tutti gli autori francescani più importanti): “Solutio omnium difficultatum Christus” : in Cristo c’è la soluzione di tutte le difficoltà. Anima genuinamente francescana, ha imparato dal Poverello di Assisi ad operare bene, senza tregua, col cuore distaccato dal mondo e ricco unicamente di amore a Dio e alle anime, sempre col sorriso sul volto.
È stata una donna di sacrificio , che ha vissuto realmente la sua consacrazione al Signore. Una donna che visse nel mondo, rinunciando a farsi una famiglia perché aveva un grande ideale segreto nel cuore: portare Gesù a tutte le anime.

PADRE MARIANO DA TORINO(dalla commemorazione in TV del 13 marzo 1962)

( 1) Nata a Milano il 1o dicembre 1882, muore a Varese il 15 agosto 1952. Il processo di canonizzazione è iniziato nel 1960; il 1o giugno c.a. è stata dichiarata Venerabile da Benedetto XVI; probabilmente verrà beatificata nel 2008, nel 140o anniversario della fondazione dell’Azione Cattolica. Segnaliamo la bella biografia, “Armida Barelli”, scritta da M.R. Del Genio, Lev, Città del Vaticano 2002.

Alcuni scritti di Armida Barelli - È stato preparato dalle Missionarie italiane per il 90° dell’Istituto . L’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo è costituito da donne laiche consacrate a Dio che testimoniano la possibilità di vivere, nella condizione secolare, il santo Vangelo alla sequela di Gesù obbediente, povero e casto. L’Istituto ha avuto inizio in Assisi, a San Damiano, il 19 novembre 1919, dall’esperienza spirituale di Armida Barelli e dall’intuizione di Padre Agostino Gemelli.

L’INTUIZIONE ...
1909: Anno di grazia! Dopo tre anni di alti e bassi, di fervore e di
resistenza alla grazia, di misericordia di Dio e di miseria mia, quando stavo per disperare di me, persuasa della mia assoluta incapacità [...], la grazia mi investì. [...] Mi canta nell’anima l’amore del Signore [...]. Sì, Dio mi ha investita!
L’idea del convento tornò a balenarmi ed ecco P. Gemelli scrivermi: “No, non pensi al convento...”.
... Nel febbraio del 1913 da Roma ribatte il chiodo: “Il Signore l’assista e faccia di lei una santa laica nel vero senso della parola, non come le “suore in casa”, ma com’erano le vergini e martiri cristiane che hanno ingigantito la missione della donna nel mondo. E chissà quale parte hanno avuto nella diffusione del cristianesimo! Così deve fare lei, laica, ma santa”.
... SI FA DOMANDA
Ida partì da Roma felice. La sua preghiera dell’ottobre precedente alla Porziuncola: “Mi darai, Signore, delle sorelle che vogliano dedicarsi totalmente all’apostolato per farti conoscere ed amare nel mondo?” stava per essere esaudita...
... E DIVIENE STORIA
Padre Gemelli ... aveva chiamato a raccolta le prime reclute con una
lettera personale, che fissava il convegno ad Assisi dal 17 al 20 novembre.
Il piccolo manipolo si riunì a San Damiano, sotto la presidenza di padre Arcangelo Mazzotti e lì ebbe la rivelazione della spiritualità francescana e insieme della propria specializzazione; l’ebbe in un’atmosfera da Fioretti, tutta fragrante della cedrina e del mirto, che Padre Bonaventura Marrani aveva cavallerescamente profuso sull’ammattonato sconnesso del coretto, sotto i passi delle pellegrine arrivanti. Però atmosfera da Fioretti autentici, non romanzati! Vita scomoda, tavola da frati con verdura all’olio, pietre
dure sotto i ginocchi, camerette non riscaldate...
UNA PICCOLA COMUNITA’ DI DONNE ACCOGLIE IL DONO ...
La mattina del 17 novembre 1919, verso le 10.30, le “chiamate”alla nascente famiglia francescana si trovarono alla stazione di Assisi. Tre religiosi le guidavano: due Francescani, P. Gemelli e P. Arcangelo Mazzotti, ed un Oblato, P. Mauri.
L’Umbria verde di presentava in precoce veste invernale: nevicava. Ma una ragazza milanese, scendendo dal treno, gridò a gran voce “Viva S. Francesco! Viva Assisi!” con stupore di qualche altra che non capiva come si potesse urlare in quella terra di silenzio.
Giuseppina Taddei, che veniva da Firenze, e Maria Bonaventura, che
veniva da un paesetto umbro, s’incontrarono in treno col gruppo più
numeroso, proveniente da Milano. La zia Beppina si agganciò al braccio della sua nipote d’adozione, perché gli occhi, le orecchie, le gambe la servivano male e, avviandosi con lei verso S. Maria degli Angeli, domandava:
- Quante siamo? Maria Bonaventura contò: dodici.
- Giovani?
- Quasi tutte. Solo due hanno i capelli brizzolati.
- Eleganti?
- Qualcuna. Una più delle altre.
- Che aspetto hanno?
- Tre sono proprio belline; le altre discretocce.
- Maria! – ammonì sorridendo la zia Beppina, - quando ti avvezzerai a guardare le cose con occhio soprannaturale? Dico che aspetto hanno religiosamente parlando.
Monacale no, sta’ tranquilla. Molto disinvolte.
- Bene. Dimmi tutto, mi raccomando! Io non vedo e non sento quasi nulla.
- Ti farò da occhi e da orecchie.
Entrarono in S. Maria degli Angeli...
... Le antiche pietre che avevano visto la rinuncia di Chiara e le sue floride trecce recise, ora vedevano quelle dodici oscure donne che, senza il suo eroismo, stavano come lei per gettarsi in una via non battuta, in un avvenire spirituale sconosciuto ed incerto, avendo una sola idea ben chiara nella mente: quella di voler essere francescane, e la certezza che S. Francesco non le avrebbe respinte, sebbene parecchie di loro lo conoscessero e lo amassero “come per fama una s’innamora”.
Sull’antico albero francescano stava per germogliare una nuova gemma: sarebbe stata vitale?...
...Quel giorno S. Damiano non aveva nemmeno la ricchezza dell’azzurro.
Piccola e grigia nel cielo di novembre, sotto il Subasio fasciato di nebbia, tra gli ulivi pallidi appariva più umile e povera la chiesetta che S. Francesco restaurò con le sue mani. L’interno sarebbe stato buio, senza il fascio di luce che entrava dall’unica porta di fondo a rischiarare l’altar maggiore, piccolo sotto l’ogiva affumicata che lo inquadra e lo divide dal coro rustico. Si intravedevano muri scortecciati, con avanzi di affreschi qua e là, altari minimi. La differenza tra la grandiosità delle basiliche da cui le dodici venivano e quella nudità di catacomba faceva una grande impressione. Era veramente il volto della povertà francescana. Qualcuna ne fu ghermita al cuore per sempre...
...Penetrate nella santità del luogo, le dodici presero posto negli ultimi stalli che erano stati di S. Chiara e delle sue consorelle. C’entravano per l’appunto, come se anch’essi le aspettassero.
Il predicatore parlava a sinistra dell’altare, presso l’uscio, davanti a un tavolinetto sormontato da un crocifisso. Una lampadina nel centro del coro illuminava fiocamente le pareti grigie e i visi delle ascoltatrici, dando l’impressione di una riunione nelle catacombe. Padre Gemelli rievocò i Santi e le Sante che erano passati fra quelle mura e in nome loro invitò le convenute alla preghiera, al raccoglimento, al silenzio esteriore e interiore, poiché il ritiro incominciava, ritiro specialissimo, inizio del loro probandato...
... Dopo aver ricevuto in dono la corona francescana e averla recitata insieme, le dodici tornarono in silenzio ad Assisi...
... Quando furono sole nella camera preparata per loro, zia Beppina disse alla Maria:...
... - E le sorelle?
Maria gliene descrisse alcune a modo suo: quella dei capelli grigi e le lenti su e giù per il naso, che parla bruscamente ma serve tutte provvedendo con energia all’organizzazione pratica della comitiva, è di Brescia; quella brunetta col viso di Madonnina è di Reggio, diplomata in francese, che vive a Perugia con la famiglia; quella sgrigiolino con gli occhi chiari e il viso smunto è torinese impiegata a Milano; quelle due piccoline che vanno spesso insieme parlando francese sono due laureate di Milano, tutte e due oriunde belghe...Quella biondina, snella, elegante, con un profilo da cammeo e la voce soave, è Argene Fati, impiegata a Roma, poi c’è Armida Barelli che tu conosci benissimo, così bella e volitiva, e poi ci siamo noi due...
... Il giorno dopo... le nuove Terziarie dovevano prendere il loro nome religioso. Padre Bonaventura tolse dal leggìo del coretto l’elenco delle prime compagne di S. Chiara, perché ognuna scegliesse tra quelle la consorella ideale e la protettrice, ed ognuna seguì il suo gusto, ovvero si lasciò nominare dalle compagne, secondo le caratteristiche che riscontravano in lei...
...Tutte adoravano l’immensa bontà di Dio che le chiamava a cose più grandi di quanto avessero sognato...
... La chiusura degli Esercizi si celebrò il 21 novembre, venerdì, là dove erano cominciati sulla tomba di S. Francesco...
... Per quasi tutte le Terziarie, quegli Esercizi erano stati la rivelazione di un modo nuovo di vivere il cattolicesimo. Avevano scoperto le fonti della gioia. Nessun dolore le spaventava più, tutte le creature apparivano con volto di bontà, la vita intera si illuminava nell’amore di Dio, la morte si chiamava sorella. Erano felici.
... Nel pomeriggio alcune partirono, le altre – ed erano le più – visitarono le Carceri... qui, dopo una refezione provveduta dalle sollecitudini di Frate Jacopa, la piccola Maria Ortolana, pregata e quasi forzata da Armida Barelli, parlò delle impressioni di quei giorni, così altamente che tutte rimasero incantate. Nella pallida impiegatina accesa e quasi trasfigurata dall’eloquenza del cuore, si rivelò l’anima dell’apostola. Perfino il fraticello dal viso di terracotta che dimorava alle carceri, l’ascoltò rapito e non la dimenticò mai più.
... La nuova famiglia spirituale, con il nome di Terziarie Francescane del Regno Sociale del Sacro Cuore, non essendo ancora regolarmente costituita sarebbe stata governata da un Consiglio provvisorio formato dai tre direttori spirituali e da due consigliere: la signorina Taddei e la signorina Barelli, e avrebbe tenuto le sue adunanze a Milano ogni quindici giorni...”
Fin qui Maria Bonaventura. Ringraziamola con una preghiera per questo suo dono a tutte noi attuali e future Missionarie della Regalità di Cristo.
... NELLA FEDE
Il Signore non vuol darci la gioia della sicurezza, ma vuole che ci affidiamo a Lui.
Quale cumulo di dolori! Quale incertezza sull’avvenire! Quante trepidazioni! Quali lutti! Quali terrori, quale povertà, quale desolazione!
Quante lacrime! Pare che tutto crolli, pare che Dio abbia abbandonato la società in balia a se stessa! Pare di assistere ad uno spettacolo simile a quello della Torre di Babele. Si resta stordite ed esterrefatte. Eppure, noi che possediamo il dono della fede, sappiamo che Dio permette il male, ma solo per un fin di bene. Sappiamo che esiste il filo d’oro della Sua divina Provvidenza, il quale può celarsi ai nostri sguardi, ma non può spezzarsi!
... NELL’AMORE OPEROSO
Dare e darsi è il bisogno dell’amore. O Gesù, quello che ho, quello che sono, eccolo. La mia attività tutta intera, prendila nella tua e fai con essa l’opera della Tua gloria. Dimmi quello che vuoi, lo vorrò io pure; mandami dove vuoi, ci volerò, caricami di lavoro, mi ci dedicherò interamente con gioia; il dolore stesso (con la Tua grazia) lo trasformerò in amore.
Sì, Egli è soprattutto un Re d’amore e se ci ha detto che il suo peso è lieve e il suo giogo è soave ci ha proprio voluto dire che la sua Regalità è una regalità d’amore, che la pienezza della legge è l’amore.
Con Gesù pregheremo e soffriremo, gioiremo e lavoreremo, riposeremo e vivremo. Ora per ora con lui! O come tutta intera la nostra vita si trasformerà: se la vivremo minuto per minuto con lui!
... FINO ALLA FINE
Chiederò al Re d’Amore d’investirvi una per una col fuoco della sua carità, perché possiate essere le sue Missionarie fedeli, amanti, feconde!
Perché possiate dimenticarvi e vivere per Lui e amarLo e farLo amare!...
... Vivete nel mondo, sorelle mie, senza nulla concedere al mondo!
Lavorate senza posa, pregate senza posa, ma soprattutto amate, amate, amate!...

Grate
perché il Padre, il Figlio
e lo Spirito
ci hanno sognate, pensate,
desiderate, chiamate, accolte
ed accompagnate
nella storia tra i fratelli,
chiediamo di sostare contemplando
e testimoniando la bellezza
e la pace
del regno che viene!


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